di Marco Lofino
Elvis avrebbe compiuto 76 anni il prossimo 8 gennaio. Chissà quante volte ci siamo chiesti come sarebbe stata la carriera di Elvis, cosa avrebbe potuto fare ancor oggi, se fosse stato in vita.
Sono domande naturalmente che non possono avere alcuna risposta. Forse la cosa più interessante è capire quello che Elvis è per ognuno di noi, cosa rappresenta per i suoi fan, per i suoi (pochi) veri amici di quando era in vita, per coloro che hanno avuto la fortuna di poterlo incontrare nella vita e di poter collaborare con lui.
L’eredità musicale e culturale che Elvis ha lasciato è senza precedenti, un cocktail lungo ventitre anni (di carriera) basato sul riuscito miscuglio fra talento, versatilità, originalità, ribellione ed immagine. Ancor oggi Elvis è presente come non mai, la sua voce è assolutamente libera da ogni schema legato alle dimensioni spazio temporali, così eterna nel suo essere calda, avvolgente, travolgente a seconda delle occasioni e dei brani da lui interpretati.
L’8 gennaio del 1935 nasce una vita che nell’arco di vent’anni circa da vita ad una carriera, un inizio dirompente, un interruzione brusca per il servizio militare, il ritorno sulle scene, la parentesi dei film con relativo rischio di oblio ed una nuova ulteriore rinascita col ritorno sul palco, il comeback, i concerti a Las Vegas e poi ovunque negli USA. Si può quindi dire che Elvis, artisticamente parlando, è nato e risorto senza essere morto almeno due volte per essere rimasto eterno, nel cuore di chi lo ama come noi, dopo il 16 agosto del 1977.
Elvis è tutto. Spesso mi sono domandato, un po’ stupidamente lo riconosco, se l’artista che vedevo nel Comeback dimenarsi come una pantera era lo stesso che cantava il vangelo con voce angelica nei suoi dischi gospel, se lo stesso artista dall’icona solenne e dai controllati movimenti dell’Aloha è lo stesso che ascoltiamo e vediamo scatenarsi, con voce graffiante, all’ed Sullivan Show diciassette anni prima…Sì, è sempre lui, ed è proprio quello che lo rende ancora più grande ed inimitabile rispetto alla molteplicità di artisti, alcuni straordinari, che hanno calcato le scene dalle origini della musica.
In questo spazio raramente chi scrive si è lasciato andare a considerazioni personali, ma in questo caso mi piace celebrarne l’anniversario di nascita riportando un mio personale intervento da me scritto due anni fa, e pubblicato nel mio profilo personale in occasione di quello che sarebbe stato il suo settantaquattresimo compleanno.. Ognuno di noi ha una storia legata ad Elvis, e soprattutto ha una propria idea di Elvis. La mia è espressa in queste poche righe che seguono
Milano, 8 Gennaio 2009
Nel giorno che ormai volge al termine non ho quasi mai pensato ad Elvis. Pare strano lo so, ma gli impegni di lavoro,uniti alle varie vicissitudini domestiche che impegnano la mia giornata, non hanno lasciato spazio nella mia mente per questo pensiero.
Ora trovo il giusto spazio per esprimere, nella forma a me più congeniale, il mio affetto per Elvis.
Elvis Presley è la quintessenza di un’emozione. La sua voce, ma sarebbe meglio dire le sue voci ( chi lo conosce bene sa dove vado a parare, Elvis Presley è forse l’unico artista al mondo ad aver avuto sei o sette voci diverse nella sua carriera…), il suo sguardo, la sua incontenibile presenza scenica sono l’icona del ventesimo secolo. E nessuno potrà mai essere come lui. Ci sono stati artisti straordinari, voci forse anche più potenti della sua (vedi Freddie Mercury) ma Elvis è Elvis. E’ imparagonabile. E’ il Maradona della musica, è il Giotto dello spettacolo. Con un paragone non meno azzardato, Elvis era, anzi è, lo chef perfetto, il cuoco che eccelle nella preparazione di articolati primi piatti cosi come in deliziosi dessert, allo stesso modo la sua voce brillava nello spaziare fra il country, il gospel ed il rock and roll.
L’importanza del ruolo che ricopre Elvis Presley nella mia vita non può essere descritta in poche righe. Ci vorrebbe molto più spazio, molto più tempo, ed io so che la prolissità annoia chi legge, se già mai non lo sia.
Per questo mi fermo qui. Grazie Elvis per il coraggio che mi davi nascosto dietro quel palo del metrò. Grazie per tutto.
Mi piace salutarti cosi, ricordando, come fece qualcuno, che ci sono stati tanti contendenti, tanti pretendenti…
Ma c’è stato e sempre ci sarà, un solo Re.
Sono passati due anni e la mia idea di Elvis è la stessa di allora. Non ritengo opportuno aggiungere altro se non, “buon compleanno” Elvis, con tutto il cuore, ovunque tu sia ora, da parte di tutti noi.