di Marco Lofino
Non sempre è facile liberarsi di un pregiudizio. Talvolta il tempo, col ripetersi di alcune azioni che diventano ormai consolidata e triste routine, non riesce a far pensare che forse la volta buona può arrivare e che finalmente le cose possono cambiare.
Questa mia breve introduzione si lega in maniera indissolubile alla concezione di Elvis Presley nel nostro paese che fino a prova contraria, purtroppo, non è mai stato considerato, seguito, trattato ed apprezzato per come merita non per l’amore e l’affetto che noi appassionati fedeli riversiamo su di lui ma per la sua indiscutibile nonché sconfinata oggettiva grandezza.
Ebbene, per farla breve, non nascondo che fino a ieri sera (anche se a dire il vero le recensioni entusiaste di molti miei amici mi avevano già trasmesso un approccio positivo ) ero assai scettico su “Elvis The Musical”, ambizioso progetto italiano di riproposizione del musical sulla vita e la carriera di Elvis Presley che da tanti anni all’estero riscuote enorme successo di critica e di pubblico. Spettacolo che fra l’altro nel mio piccolo, da ragazzo, ebbi la fortuna di vedere a Canterbury in Inghilterra nell’ormai lontano 1993.
Perché ero scettico? Per le ragioni che avevo già esposto svariate volte sulla mia pagina personale: Precedenti poco edificanti in ambito televisivo e mediatico con l’arcinota caccia allo stereotipo del personaggio Elvis ridotto a macchietta, con tutti gli annessi e i connessi che vi risparmio perché li conoscete tutti più o meno. Uno strazio di luoghi comuni e superficialità che chi vi scrive ha dovuto sopportare (e per certi versi su altri schermi dovrà ancor vedere a lungo) per ventisette lunghi anni e chi è più anziano del sottoscritto da ancor più tempo.
In secondo luogo la materia trattata, di grande complessità e che necessita una conoscenza esaustiva e passionale del personaggio, mi sembrava poco incline ad uno spettacolo che è stato concepito ed inscenato a tempi di record fomentando in me ansie e preoccupazioni figlie, come già scritto, di un pregresso a cui ogni appassionato di Elvis italiano è tristemente abituato da sempre. Se a questo uniamo la difficoltà nel reperire attori oltre che cantanti in tempi brevissimi che conoscessero approfonditamente la materia presleiana qui in Italia , beh allora completare il cerchio della paura e del dubbio non è stati poi cosi difficile.
In principio poi qualche umano errore di comunicazione in presentazione del personaggio mi aveva preoccupato, ma la mia innata suscettibilità quando si parla del mio eroe musicale (preferisco eroe ad idolo come termine, me lo concederete) mi fa a volte forse eccedere in protezionismo e forse in appassionato “fanatismo” (virgolette d’obbligo ovviamente). Forse, non lo so.
Ebbene, il mio scetticismo è stato letteralmente smentito e smontato lettera per lettera, parola per parola, dallo spettacolo che ho visto ieri sera al Teatro Nuovo nel cuore della mia Milano. Allo stesso modo, le paure di vedere la solita messinscena di ciuffi e basettoni infarcite di banalità sulla vita privata di Elvis sono state letteralmente spazzate via da un plot concepito con intelligenza, maestria e competenza dal bravissimo Maurizio Colombi, regista del musical.
Ogni tanto fare autocritica serve. Si capirà spero che tutto questo è figlio dell’amore che provo per il mio eroe, un amore vero, cristallino, onesto, scevro da un cieco fanatismo.
Esaurita questa doverosa parentesi, parliamo di questo formidabile spettacolo. Due ore e oltre di storia ballata e cantata come meglio credo non si poteva. Il musical è una formula che spesso divide eppure ieri sera ho visto il pubblico a fine spettacolo esaltarsi con gli occhi pieni di gioia.
Narrare e far vivere la storia e la carriera di Elvis in cosi poco tempo non è facile. La carne al fuoco è tantissima, il rischio di banalizzare altissimo. Non è avvenuto nulla di tutto questo perché la regia ha prestato la massima attenzione ad ogni dettaglio della vita e della carriera di Elvis senza mai mettere in ridicolo il personaggio ( finalmente!) ma anzi esaltandone virtu e raccontando le sue umane debolezze senza puntare il dito ma riuscendo a far appassionare il pubblico.
Assolutamente geniale, in questo senso, la trovata di far dialogare i due Elvis ( staordinari Joe Ontario e Michel Orlando) sulla spinosa questione delle pillole. Un dialogo chiaramente inventato ma di una meravigliosa umanità. Nessun dito puntato, nessuna accusa, solo il sogno impossibile di un Elvis che parla a se stesso sdoppiandosi nelle due fasi opposte della sua vita. Se solo lo avesse fatto davvero forse Elvis sarebbe ancora qui con noi. E’ stato l’unico momento, peraltro breve, in cui il tema è venuto fuori ed è stato fatto nel modo più onesto, corretto ed originale possibile. Chapeau.
Dal punto di vista musicale, il musical è godibilissimo. I due interpreti sono davvero bravi e lo scrivo col cuore perché vivo Elvis ascoltandolo come una tassa quotidiana da ventisette anni ogni santo giorno senza saltarne uno.
Partendo dall’ovvio (ma forse nemmeno troppo) presupposto che nessuno deve aspettare di trovarsi di fronte a dei cloni vocali di Elvis Presley, i due interpreti, il giovane esordiente (straordinario in alcuni momenti) Michel Orlando e il consolidato bravissimo Joe Ontario (da anni apprezzato performer dell’Elvis Presley show anni settanta) hanno trascinato il pubblico recitando e cantando spesso incrociandosi a distanza creando un’atmosfera che definirei magica. Si’, io ieri sera ho percepito la magia grazie alle loro voci. E qui in Italia raramente, anzi direi proprio mai, l’avevo sentita fino ad ora una tale “magia incrociata”
Cantare Elvis è difficilissimo. Lo sappiamo. Il rischio di fare brutte figure altissimo perché si ripropone un modello che è il più imitato di sempre ed al tempo stesso il più inimitabile di sempre. Eppure tutti e due sono stati bravissimi. Perché? Perché a modo loro sono stati umili e hanno messo tanta passione. Il giovane Michel Orlando si è calato nella parte del giovane Elvis con umiltà cantando alcuni bravi con una voce potente e performante. Ripeto, ha una bellissima voce, non ci si può aspettare che canti “Trying To Get To You” facendo la fotocopia carta carbone di Elvis alla SUN. Non lo può fare lui e non lo può fare nessuno al mondo.
Bisogna invece evidenziare con gioia la versatilità di questo ragazzo che ha recitato con passione la parte del giovane Elvis (fino al 1968 per intenderci) mostrando tutte le sue sfaccettature caratteriali e cantando col cuore mettendoci tanta passione e ripeto moltissima umiltà. Canto e recitazione sembravano andare a braccetto con una naturalezza sorprendente. Per certi aspetti mi sembrava di ascoltare, vivere ed amare una storia che non avevo mai conosciuto. Mi sono immedesimato come quando avevo quattoridici anni e l’uragano Elvis mi travolse senza lasciarmi scampo.
Quanto appena scritto può essere espresso in maniera speculare per Joe Ontario, eccellente protagonista dell’ Elvis anni settanta che come già detto si intreccia in alcune scene con quello degli esordi ma senza fare confusione. Uno scambio magico nel rispetto della vita di Elvis in ogni sua fase. Joe Ontario canta Elvis da tanti anni (e si vede la sua bravura in alcuni frangenti figlia sicuramente, oltre che dalla passione e dall’applicazione anche dell’esperienza maturata sul campo, ) ma quello che mi ha più colpito è la sua versatilità in brani profondamente diversi fra loro come la struggente “Don’t Cry Daddy” (eseguita in duetto con una bravissima cantante e ballerina del cast) e la solenne “My Way”, passando per “Burning Love” senza dimenticare la doverosamente immancabile “It’s Now Or Never “ ( O’ Sole Mio). Mi ripeto, nessuno è e potrà mai essere come Elvis. Ma l’idea di poter immaginare anche solo lontanamente come potesse essere Elvis nel modo più onesto possibile come ha fatto Joe è già un grandissimo traguardo penso per lui oltre che una grande gioia per chi vede ed ascolta.
Un’altra grande sorpresa della serata sono stati però i ballerini (nonché cantanti ) e gli attori. Un cast di una professionalità e di una bravura incredibile. Tanti ragazzi giovani, tanta freschezza come credo avrebbe tanto apprezzato anche Elvis stesso. Non credo che tutti fra loro conoscessero la sua storia musicale e la sua vita in modo approfondito eppure , a mio modesto avviso, lo hanno sicuramente fatto prima della messinscena dello spettacolo perché ho visto preparazione, dedizione e talento nell’immedesimazione ai personaggi. Priscilla, la madre di Elvis, il colonnello Parker, Joe Esposito, tutte figure che non sono state presentate come mere copie degli originali ma adattate al musical senza stravolgere il canovaccio della vita artistica e privata del cantante. Tutti gli attori che hanno interpretato i personaggi sopraccitati sono stati straordinari per passione ed attenzione ai particolari senza strafare ma con tanta, tantissima umiltà. Perché Elvis Presley è passione e lo hanno capito tutti, rispettandolo come si deve ad un vero Re dal primo all’ultimo esponente del cast, regista incluso.
Come avete letto, non mi sono esposto più di tanto sul contenuto dello spettacolo perché è giusto che chi non lo ha ancora visto se lo goda totalmente senza inutili anticipazioni. Chi conosce la storia di Elvis e lo ama rimarrà sorpreso nel vedere che non ci sono stravolgimenti ma un adattamento musicato fedele ed appassionato della vicenda artistica ed umana di Elvis senza eccessi, dall’infanzia fino al successo strepitoso degli esordi passando per il periodo dei film arrivando fino al grande ritorno sulle scene a Las Vegas e ai fantastici (perché tali erano) concerti dal vivo negli anni settanta. Il tutto senza tralasciare quelle fasi della vita privata di Elvis come l’inizio della sua storia con Priscilla e la fine del suo matrimonio con momenti recitati e cantati da brividi, tipo la commovente “Always On My Mind”. Ma non posso e non voglio dirvi nulla di più amici.
Una nota anche per i musicisti, semplicemente grandiosi. Il batterista mi ha fatto emozionare in piu di un’occasione.
Di fatto vi ho già detto pure troppo. Quello che posso fare, sommessamente, è ringraziare il regista Maurizio Colombi per averci finalmente regalato un sogno che doveva solo avverarsi: il giusto tributo all’artista che più di ogni altro ha segnato la vita di milioni di persone nella storia dello spettacolo.
Abbiamo aspettato tanto ma ne è valsa certamente la pena.
Viva Elvis sempre.