Difficile immaginare come avrebbe potuto essere Elvis Presley a novant’anni.
Il pensiero ci ha sfiorato un po’ tutti, forse anche solo per pochi istanti, ma al tempo stesso la nostra memoria torna al momento in cui visse, per soli quarantadue anni, nelle immagini che abbiamo scolpite nella nostra mente ed incise perennemente nel nostro cuore, unite a quell’insuperabile miracolo artistico che compie la sua voce ogni volta che la ascoltiamo.
Ne sono passati oltre quarantasette (ad agosto saranno quarantotto) dalla sua morte. E’ tanto tempo, specie per chi oggi si trova a vivere un’era come la nostra di profondo declino artistico e musicale, in cui purtroppo il talento sembra ormai diventato come una specie protetta in via d’estinzione. Laddove si trova, sempre ammesso che esista, appare fugacemente e corre via.
Elvis era un talento naturale straordinario, di quelli che ne nasce uno ogni diecimila anni. Vederlo oggi fa effetto perché ci si trova davanti ad un personaggio che sembra quasi un supereroe,.
Ogni volta che vediamo le immagini dell’Aloha From Hawaii, il più grande spettacolo mai realizzato in diretta di un singolo artista in mondovisione, si fa quasi fatica a pensare che un essere umano così possa essere esistito. Sembra una creatura dell’intelligenza artificiale in voga di questi tempi quanto è impeccabile in tutto, dalla voce meravigliosa passando al suo aspetto così solenne e maestoso.
Eppure è realmente esistito e ci ha donato tutto quello che aveva. Elvis amava il suo pubblico e sapeva di essere amato dal suo pubblico. Elvis fu fedele alla sua gente fino alla fine e la sua gente gli stette accanto con calore fino al 26 giugno del 1977, data della sua ultima esibizione ad Indianapolis.
Era un amore vero, leale, fedele, reciproco, ed eterno. Dura ancor oggi col passare degli anni ed il susseguirsi delle generazioni.
La sua voce ha fatto innamorare milioni di anime nel mondo, ha fatto sognare ed emozionare almeno tre generazioni di persone. Elvis è stato un prodigio irripetibile, con le sue canzoni che spesso non erano nemmeno sue, ma con lui diventavano sue perché appena decideva di cantarle ci metteva il suo marchio di fabbrica indelebile ed ineguagliabile grazie alla sua voce. Era talmente grande che non aveva bisogno di
scrivere i suoi pezzi. Elvis amava cantare e le storie scritte da altri diventano sue e
con la sua voce faceva immedesimare tutti coloro che le ascoltavano in un’emozione che si abbracciava, in un legame animico ed etereo, con quello che lui provava mentre cantava.
Prendete “Kentucky Rain”, il prototipo dello “storytelling” fatto a canzone, ma ci sono tantissimi altri esempi, il più fulgido è quella “My Way” che l’immaginario collettivo associa a Frank Sinatra con un pizzico di paura mista a remora nell’ammettere che dopo il “vecchio Frank”, volente o nolente, arrivò uno che addirittura la cantava meglio di lui, con un’estensione vocale inarrivabile e con una passione ed un’intensità che solo Elvis poteva offrire.
Elvis in quarantadue anni è stato tutto ed il contrario di tutto. Il ribelle censurato del rock and roll negli anni cinquanta, il personaggio più variegato possibile in numerosi film del decennio a seguire, in cui la bellezza del suo aspetto unita a quella della sua voce sovrastava l’inutilità della trama recitata, il cantore di Dio in ben tre album di Gospel o l’entertainer consumato che si esibiva per due (talvolta tre) volte al giorno a Las Vegas negli anni settanta senza mai risparmiare un’oncia di energia vitale al suo pubblico, senza dimenticare il “Comeback Special” (1968), icona sexy irresistibile con quella voce roca e graffiante e quell’abito nero in pelle attillato, capace di cantare un indimenticabile messaggio di pace (“If I Can Dream”) questa volta vestito di bianco, in quel finale epico dello speciale televisivo in cui Elvis tornò sulle scene per ristabilire,
una volta per tutte, le gerarchie e riprendersi il suo trono.
Elvis è stato “something for everybody”, citando il titolo di un suo disco. Verrebbe da dire che è stato tutto per tutti. E lo è stato davvero.
Generoso, umile, appassionato e così incredibilmente bravo. Perché Elvis è stato il più bravo di tutti, e lo sanno tutti. Ma non è questa la sede per ricordarlo ulteriormente.
Fatto sta che oggi avrebbe novant’anni. Avremmo meritato tutti di godercelo per molti più anni. Abbiamo già molto, tutto. La sua eredità musicale, il suo talento, e le emozioni che ci regala ancor oggi ogni volta che ascoltiamo una sua canzone.
Buon compleanno Elvis!